Il jazz | ||
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Non urlan più di lacrime contese smussati nella sera tra le pieghe delle attese sulla strada i passi verso casa. Persi nella pioggia come un ragno s'agitano scomposti prima di chinarsi sopra una domanda cui s'avvinghiano veloci i gesti di un taxista fra il cliente e la portiera. Per poi inciampare dentro una risposta ingarbugliata ragnatela lessicale e stramazzare nel buio di un quartiere. Tram perduti, sguardi sbadigliati, acqua fangosa in mezzo al gelo, sgusciata fuori dalle gronde sulla strada, pensieri squadernati, affranti, di bolina, occhi chiusi, vento di bonaccia, il cielo che massaggia la schiena dei miei giorni, la mattina che schiude la mia faccia, e brucia le parole. Sono smorfie di un rumore tempo infranto, che cinguetta il mio destino, ingordo di riflessi, carezza di uno sguardo fra le nuvole nel vento del mattino, inveisce tra le imposte per tradire il rumore delle case che svanisce dietro e fuori nel torace di Milano. Si sveglia e pallida s'accascia in ciò che resta fra di noi la pioggia sopra un filo di parole dentro casa lasciate appese ad asciugare il cuore. Ma in fondo non c'è niente da capire è la cosa più precisa che si muove, come un gatto che ti salta sulle gambe, o il veleno liquoroso nelle vene lentamente frantumarsi in un bicchiere e poi adagio verso il luogo in cui un ricordo ad alta voce, brillo e audace, si scatena e getta un sasso nel passato, dentro un pozzo disegnato, sopra un foglio osservando le onde galleggiare da Chat Baker fino all'universo ed attraverso le cinghie di parole e di pensieri, allontanarsi verso l'abat-jour, fino a un punto esatto in cui ti ho detto soltanto il cuore, il resto è blues. |
Milano, 01-11-2002
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Riccardo Bagnato [www.bagnato.it]
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