L'innocenza | ||
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Alla fine del tuo Dio, quando il sole diventa un frase che hai già detta, metti una pistola alla testa del disastro e dipingi le pareti col tuo cervello: sei un predatore, perché fingersi animale domestico? Il tempo sì, ci ruba e poi ci asciuga il cuore, ti sei forse preso per una lettera d’amore? Il preservativo è la scarpetta di cenerentola, che ti hanno raccontato per anni, che ridisegna la notte e che trasforma l’inconforme curva di ogni forma umana, in qualche morale inutile con l’impugnatura. Che scava nei vent’anni di un uomo fra i genitali della paura e getta in aria i dadi sulla Terra ai piedi di una donna di un colpo di grazia, nei vangeli prêt-à-porter, ai bordi della realtà mendicata, violata, offesa sui materassi dell’abitudine con cui la morte fa l’amore e non ti sente nemmeno entrare. Il tuo cuore immobile sulle ferite assorbe il tetro e lento passare del tempo, fino a trasformarsi in scorciatoie preferite dagli analfabeti, come cannoni verso il paese di Alice, che deglutiscono nello schianto la propria voce affidando il sangue al resto. Le uniformi sfilano in technicolor per le strade fino a srotolarsi tra le fiamme e l’acqua santa, senz’ali, come dopo lo sparo il silenzio, e sorvolano e uccidono di nuovo, fino all’ultimo dissenso ed eseguono: in inglese dissent, in francese dissidence, in tedesco meinungsverschiedenheit in spagnolo disensión, in Italia: raus! Ma tu nei sei il tuo conto il banca, il meraviglioso orsacchiotto dei tuoi, non sei inutile, sei sostituibile. Sei la paura di questa società, e dovrai cambiare ne sei la versione perfezionata, certo ma non ti basta il guscio di un pensiero, sei l’occasione che hai perduta, l’amore che hai lasciato, ma teria di discussione che si decompone. Sei la parete che ti crolla addosso, la stessa roboante notizia ogni giorno sui quotidiani inganni che si ripetono, sotto un cumulo di calcinacci. Un autografo in un paio di mutande ikea, tu sei nella mia mente, un’esplosione che raccolgo con le dita alla fine del giorno, la pioggia dei tuoi passi senza più sapere quale tram, il vento molle che sbatte alle finestre, una città fino al tuo indirizzo@vita.it. Ora, apri la porta e fai un passo avanti, appena fuori, stai scivolando come una goccia sul vetro, non ci sono finestre, non è una stanza è la tua vita. Ma ci abita un’altra persona. Segui il corridoio, non ci sono porte, una bruciatura sulla moquette, poi ti volti indietro e sorridi, come davanti a uno specchio e vedi fra i denti il silenzio della tua mente che evapora di fronte all’ennesima domanda chiusa nelle mani: dove sei in questo istante non puoi nemmeno immaginarlo. Ma se è la prima volta che ti trovi qui, sappi che non sei innocente. Non credi nemmeno ti possa capitare. Non credi e basta. Credi succeda agli altri. Quando avrai perso tutto e insieme avrai perso la zavorra dei sensi, lo smalto sul tuo sorriso, dell’arroganza lo sguardo, quando terrai in pugno la tua vita e quella sarà l’unica tua carta di credito potrai sentire dell’innocenza il putrido, sublime solitario applauso. Rivolgerai gli occhi altrove chiederai perdono e lì troverai un uomo col tuo nome. Ora prega e fallo con tutte le tue forze, perché qualcuno ti ascolti, perché qualcuno ti ascolta. La povertà soltanto come una lacrima è innocente avvolge lo sguardo dei giorni come un pianoforte suonato da un fantasma: dimenarsi nel bel mezzo dell’oceano non serve a nulla. |
Milano, 20-09-2002
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Riccardo Bagnato [www.bagnato.it]
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