Dis-donc
Modena, 24-07-1996
 
Fra i glutei, tuoi e carnosi
si nasconde ancora l’umida cineseria, immagino
della sillabe serale in cui pronunciammo,
utilmente deflorando io,
come un violino l’orchestra,
la melodia dei nostri gonfi, meccanici errori
di cui sfruttammo il vento, il punto
sulla zattera dei nostri gesti
critico e di vista di due naufraghi.
Quando poi lo straccio bianco
sulla Babele amorosa, oceanica del niente
un colpo di vento fragilissimo
costrinse a vibrare e a frusciare,
e stretto per qualche tempo fra le parole
o secondo fine, indicò il momento
e il luogo in cui ho lasciato me stesso
piombare nei fondali del vento,
ho capito perché mi avresti sempre amato
qualsiasi lingua avessi parlata e sono giunto
fino alle coste africane del tuo nome
alla conclusione del mio mare
e lì ho calpestato la terra,
per la prima volta - terra! - vedendo finalmente
il sale dell’orizzonte e il sole accecante
dal lato occidentale delle cose.

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