A M*** | ||
Modena, 22-12-1997 |
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Da subito indovinerò con la mia lingua i tuoi pensieri sulla punta del clitoride ché non vuoi. Come verso la Mecca riposerò fra le tue labbra umide e più grandi e più abominevolmente resisterò al tuo amore come al mio come un bambino d’inverno alla scuola. L’attesa - cara - è qualcosa che spacca in due un dolore, rivela i vermi e non solo il sangue rappreso bensì del discorso sospeso: il meno liscio e lineare dei tuoi orifizi. C’è sempre stato in canna un uomo, un uomo in pole-position dietro i tuoi cannoni, e infine l’amore che si consuma ti ha consumato come una melodia senza volersi ripetere si chiude in applauso il cuore nel cuore, io, solamente lo raggiungerò attraverso. Ora non muoverti, non muoverti, non ancora. Questo amore che gioca a far l’arcobaleno e il tuo corpo che tesoreggia nella pignatta d’irlandese memoria il tuo cuore monocromatico di donna e naturalmente. La punta dei tuoi seni lanciata nella musica d’un bacio scagliata dopo uno spasimo del corpo in arco verso me, nelle memoria: i capelli condannati, neve o panthéon delle caricature, ombra o Parigi. Il freddo tace e mi chiama i desideri che non sono più che un’altra stagione. E` primavera. Questo amore che gioca a far d’inchiostro ipnosi suggestiva recidiva, calina, triste diva divina, nata e lasciva nativa fatua e caudiva, non basta. Il vero amore è vano - dicono si estende infinito immenso, monolito fra la Grecia Antica fino al dito instabile della storia puntato sulla nostra architettura preferita: i grattacieli di Chicago. Ti voglio sorprendere affannare e tentare così di uccidere l’ultimo assassino mio colpo di coltello a raccolta in bocca dal suono rossastro, lubrificato e poi non cedervi mai. Mai. Calmamente ricominciare. - Tu te rappelles des ballerines qui sont tombées sans faire un seul bruit, et pourtant elles l’ont fait, tu l’entendîs -. Calmamente ricominciare dall’ultima parola la perversione. “...Il vestito di lei, era bellissima e sgualcito al punto giusto perché la realtà fosse per caso lì, mentre l’altra - ti ricordi - la compagna, beh... su di lei era già stato detto tutto. Sotto quelle moine drogate da Saturno il corpo straziato da chi di lei aveva fatto abbondante scorta. Come i criceti - non potevano saperlo - e un mormorio di gioia e crudele un sussurro: “E` il tuo tempo che passa”: si era guardata allo specchio quando era rimasta, il suo solo sesso, il suo sguardo, un assolo indovinando le lacrime...” E calmamente ricominciare. |
Copyright (C) 2001 Riccardo Bagnato [www.bagnato.it]
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