Poesia | ||
Modena, 03-02-1997 |
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Perché nei suoi capelli ci sia lo spazio in cui una carezza possa come da una fontana ritrarsi bagnata, o sgridata, e fossero lunghi e rossi fino ai fondali dell’oceano e si annodassero e si sciogliessero i suoi per conoscere nelle costanti oscillazioni del tempo il limite suo, che siamo noi, sue vittime, suoi eroi, e il gusto di provare ad essere ciò che siamo, uomini e donne e questa parola bastasse e non muovesse nulla, più nulla, ma solo al pianto o al riso. Una parola, non un monito, un po’ d’amore, per ripetere bastasse a impossessarci di ciò che la metafora ci ha preso, planando sull’acqua, forse come un gabbiano accarezzandone la pelle, impossibilmente. |
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