Colloquio sentimentale nel parco di Friedrichshain
Berlin, 14-07-1998
 
Come dolly da un cespuglio
il silenzio.
Sto disteso su quest’erba
e leggo “prematuramente scomparse” e stanno
forse catastrofi evitabili sul giornale,
e sento chiacchiere, frasi fatte, primati
acqua calda, prelibati
insuccessi della solitudine quotidiana e sento
parlare: sei arrivata.

Eppure lo sai
che ci sarà il tempo per l’amore,
ci sarà ancora e lo sapevi
meglio di me, prima di me.

Ora certo ho capito, Nyman,
ascoltavo Brahms, ho pianto, poco importa.
Lo faccio ancora col diaframma?
Senza saperlo pensavo e mi dicevi

“Aronne perché non parli?”

Il nostro amore sembrava avere,
poi lentamente, e se fosse neve
questo spingere sotto i piedi
questa zattera bianca
a dare un senso al battello,
il veliero, al transatlantico di parole
e fosse il naufragio del male
la sola speranza? Certo.
Mezzo vuoto e mezzo pieno
sempre veleno
è questo strano lentissimo,
piano pianissimo
aspettarsi e incontrarsi a Berlino,
l’ennesima pornografia violenta
di una mano.
Ma ieri sera ripensando,
è questo il punto? Vedere
le cose come tu le hai viste?
Per capire quello che non so più.
Ieri sera ho visto invece
un’altra donna e mi son detto
“ora, ora e ora: adesso!”
Il peggiore fra i valzer lenti
e non ho fatto nulla di me stesso;
non so farmene nulla della verità
e da un bel pezzo
quando ti parlo di Francesca,
parlo di me stesso a me stesso.
Lo riconosco
mi riconosco:
ho lo sguardo pallido ed astuto
di uno specchio con se stesso
dove anche la più piccola parte
di me, da me
non vede, non fa e non dice
diversamente da ciò
che la più grande parte
fino a ciò che sono, vedo e vede
fa o dice: l’azzurro degli errori fatti
degli occhi che diciamo nel vuoto
persi a guardare
il giorno che attraversa a nuoto
le onde grige, le ore, la luce
vestendoci dell’uniforme della vita
tra parole fra le dita
verniciate silenziosamente
nel dolore altrui in eterno.
Non confondo più il tuo silenzio
con la risposta che mi darai.
Una distanza insufficiente
Per quando ci rincontreremo

Quando sono arrivato eri distesa,
t’ho trascinata un po’
attento a non far rumore
ma il cuore, non l’ho trovato il cuore
solo una foto con su scritto: è nata, è nato,
approfitto del suo piccolo passato ecc.
Non avrò più nessuna ragione
per stare di guardia al collasso degli ultimi ricordi:
abbracciati fra loro per il freddo
come pipistrelli, sì, al palato
appesi al buio…

Finalmente lei disse qualcosa,
seduti sulla panchina
allungando la mano, holding hands
in the moonlight.

“Do you love me, John?” she asked.
“You know I loved you darling” he replied.

“I loved you so much,
more than the sea could imagine;
my love for you was higher than heaven,
broader than the Earth.
Count the stars in the sky,
measure the desert with a teaspoon.
Impossible you say?
My love for you had no limits, no bounds
- everything will have an ending -
yet my love for you
shall last forever.
You are the only one I loved
you, the only one I owned,
the only sky I flew through
the only stone I threw;
my love for you
was such a perfect love,
which riminds me,
I have to go”.

Copyright (C) 2001 Riccardo Bagnato [www.bagnato.it]
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