E’ così che vogliono gli uomini? | ||
Milano, 21-03-1999 | ||
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La svenevole attesa d'un fantomatico accesso alla vera vita, rallenta il morbido rimestare quotidiano e vivere dietro le solide maschere e qualche splendida magia di pietra. Viviamo nella folle tormenta che è distruzione, attoniti ascoltiamo il sibilo del vento, troviamo varchi immensi per spaziare fra gli altri uomini, fra il lento ammutolire del presente e uno sguardo al futuro che al mattino spezza le nostre labbra indecise. E pensiamo al tutto senza mai trafiggerlo un momento, ricordiamo ciò che non siamo e ciò che siamo inveisce e poi frastorna il corpo ad occhi aperti. Frammenti che non possono essere né schegge né ferite non trovano collocazione fra le nostre cicatrici, e il respirare diventa sempre più difficile. Un nemico dalla bella presenza per non combattere si è nascosto per anni in questo cuore, al riparo dagli assalti, covando fra il silenzio le urla. Andando per cibarlo nella notte lui sapeva con certezza che avremmo perso questa guerra. Noi, saremmo stati soccorsi! Noi, avremmo meritati gli allori. Noi che ogni notte rischiavamo di morire. La nostra! era una prigione. Noi che potevamo uscire ma che siamo sempre ritornati, fra le costole di un nome. La guerra c'è stata, sì, combattuta e persa. Abbiamo dato in pasto a quel giovane soldato, la nostra giovinezza, gli attimi rubati alla paura. Non ci sono spari sul nostro corpo, è vero, non ci siamo spinti mai più in là del cuore delle comode retrovie del nostro amore per davvero, ma abbiamo combattuto, sebbene nessuno lo ricordi una lunga attesa. |