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intervista
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Un digitale di pubblico
dominio Intervista Un luogo
sperimentale aperto a tutti. La scommessa del festival
austriaco. Parla il direttore di «Ars Electronica» Gerfied
Stocker RI. BA. Dirige il Festival «Ars Electronica» dal 1996
insieme a Christine Schöpf, ma per lui, austriaco, classe
1964, l'attività principale rimane quella di «media artist».
Gerfried Stocker, oltre a seguire il più importante Festival
di nuove tecnologie ed arte in Europa, ha infatti fondato nel
1991 il gruppo «x-space», in cui si sono incontrati artisti,
ma anche programmatori, ingegneri, musicisti, con cui Stocker
ha creato ed esposto installazioni interattive in tutto il
mondo.
Da artista a direttore di Ars Electronica,
come è successo?
Al tempo ero stanco delle solite
presentazioni per pochi, di incidere nastri nel mio studio
sperando che poi qualcuno mi invitasse a qualche noiosa
conferenza. Grazie ad Ars Electronica ho cominciato così a
creare installazioni, ambienti sonori interattivi, in modo
tale da coinvolgere l'ascoltatore. E' stato allora che mi
hanno chiesto se ero interessato a dirigere il
Festival.
Strano però che il più importante Festival
di arte e nuove tecnologie sia organizzato a
Linz...
In realtà ci sono due buone ragioni. A
Linz, dopo la guerra, l'industria dell'acciaio era molto
forte. Durante la crisi industriale dell'acciaio negli anni
'70 la città si è trovata però a ripensare il proprio futuro.
Non avendo la storia di Salisburgo o Vienna, le altre due
grandi città culturali austriache, si è preferito investire
nel futuro e non competere sul passato. Questo almeno è quanto
pensava Hannes Leopoldseder, direttore della televisione
austriaca, uno dei visionari fondatori di Ars Electronica.
Secondo Leopoldseder le nuove tecnologie potevano infatti
rappresentare un settore trainante dell'economia, se collegate
alla cultura e alla società. Per questo il Festival si chiama
Festival dell'Arte, delle Nuove Tecnologie e della
Società.
E' chiaro il collegamento con l'arte e le
nuove tecnologie, quanto alla società?
In realtà
«società» è il termine più importante, o meglio, l'obiettivo
del Festival. La tecnologia di fatto cambia le società, e
l'arte, almeno per come la vedo io, è uno dei modi migliori
con cui è possibile parlare a un pubblico eterogeneo - un
politico ma a anche a uno studente - perché tutti possano
comprendere come sta cambiando la società o come dovrebbe
cambiare.
Un esempio concreto?
Linz
stessa, il Festival ha cambiato il volto della città, non solo
attirando imprese, sponsor, o visitatori, ma da 25 anni
produce cultura che ha dato una nuova identità ai propri
cittadini.
La sensazione però, qui a Linz, è che sia
un Festival «per pochi». Da un lato per la specificità degli
argomenti e, dall'altro, perché quasi esclusivamente dedicato
ad artisti tedeschi e americani...
Ci sono
conferenze che possono risultare più complicate di altre, ma
abbiamo dato spazio anche a spettacoli che potessero
coinvolgere un pubblica ampio.
Per quanto riguarda il
rapporto fra Ars Electronica e Stati Uniti, in realtà
quest'anno ci sono diversi artisti francesi e qualche
spagnolo. E' vero tuttavia che la maggior parte degli artisti
e dei relatori provengono dal mondo tedesco e americano. Da
qualche anno, però, l'Asia e il Giappone in particolare hanno
dimostrato di essere addirittura molto più avanti di noi
europei e degli americani. D'altra parte sono questi tre,
Stati Uniti, mondo tedesco e Giappone, i luoghi dove si
ricerca e si crea di più nel nostro settore.
Qual è
il rapporto tra il Festival e il mondo del
mediattivismo?
Verso la fine degli anni `90 abbiamo
organizzato molti laboratori di media activism nel quadro
delle attività del Festival. Oggi, però, siamo più interessati
a progetti come Creative Commons (www.creativecommons.org
ndr.), che aiutano gli artisti a trovare una modalità
legale per diffondere le proprie opere che riteniamo più
adeguata, rispetto ad esempio alla classica licenza «GPL»
della Free Software Foundation (www.gnu.org
ndr.).
L'Ars Electronica dei prossimi 25
anni?
Nel futuro, l'attenzione sarà data a quei
progetti che non solo ricercano un nuovo metodo di
rappresentazione, ma anche di rappresentanza. In India ad
esempio, ma non solo, ci sono progetti culturali ed educativi
a cui vorremmo dare più spazio nel futuro. Nelle prossime
edizione vorremmo quindi dire qualcosa in più, e qualcosa che
non è stato ancora detto, sulle proprietà democratiche della
società della Rete, attraverso ovviamente gli artisti che
vorranno porsi questo
problema.
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